Baci Pericolosi - Mononucleosi

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    Mononucleosi
    Mononucleosi
    Conosciuta da tutti come malattia del bacio è una patologia infettiva molto diffusa ma per fortuna non avvertita dalla maggior parte di noi. Il Virus responsabile è l'EBV della famiglia degli Herpes virus. Quando si manifestano i sintomi è importante tenerli sotto controllo e soprattutto stare a riposo per una settimana circa.


    La mononucleosi




    Sintomi e complicanze





    Diagnosi




    Terapia






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    Mononucleosi: colpiti due giovani su tre

    Mononucleosi: colpiti due giovani su tre
    È un’infezione virale che nella maggior parte dei casi è asintomatica. Il contagio avviene attraverso saliva e urina. Spesso, quindi, per via sessuale.


    Sanihelp.it - La mononucleosi è una malattia causata dal virus di Epstein-Barr (EBV) appartenente alla famiglia degli Herpes virus, la stessa di quei virus che danno luogo alla varicella o al fuoco di Sant’Antonio. Il nome monocleosi deriva dal fatto che la patologia fa aumentare i globuli bianchi e in particolare le cellule mononucleate o monociti.

    La mononucleosi è una patologia molto più diffusa di quanto si possa immaginare. Nella maggior parte dei casi non ci accorgiamo nemmeno della sua presenza perché il suo decorso è spesso asintomatico o al più presenta una lieve febbre e uno stato di generale stanchezza.

    Si stima che in Italia a 16-18 anni la malattia ha coinvolto il 65-70% della popolazione ma solo nel 5% dei casi è stata sintomatica.
    Come ci spiega Fabrizio Pregliasco, del Dipartimento di Sanità Pubblica - Microbiologia - Virologia dell'Università degli studi di Milano, «la malattia spesso viene confusa con una delle tante influenze che si fanno in tenera età, diciamo che crescendo la sintomatologia si fa più decisa e quindi si scopre di essere infetti da EBV».

    L’infezione del virus EBV può avvenire attraverso la saliva e le urine. Per questo, in genere, il contragio avviene per via sessuale o più semplicemente tramite un semplice bacio. È questo il motivo per cui volgarmente la mononucleosi viene definita malattia del bacio.
    Ma quella sessuale-affettiva non l’unica via utilizzata dall’EBV per diffondersi. Capiamo benissimo che è sufficiente stare in ambienti affollati (basta uno starnuto ravvicinato), usare stoviglie o posate venute a contatto con una persona infetta o bere dallo stesso bicchiere o dalla stessa bottiglia.

    Sembra che sia più facile subire l’infezione quando siamo stressati, abbiamo carenza di sali minerali e in generale il nostro sistema immunitario è in un periodo di scarsa efficienza.

    L’incubazione dura mediamente 30-50 giorni e la malattia è già infettiva al termine della fase di incubazione. Dopo 5 -7 giorni dalla scomparsa dei sintomi principali si può ritornare al lavoro con tranquillità.

    I sintomi della mononucleosi sono molto simili a quelli della tonsillite ed è facile quindi confondere le due malattie. In questo caso è fondamentale l’osservazione del medico perché se per la tonsillite è adeguata la cura antibiotica per la mononucleosi, che è un infezione virale, questo tipo di cura è completamente inefficiente. Attualmente sono disponibili strumenti diagnostici in grado di fugare ogni dubbio.


    di Alessandro Andreazza
    ultima revisione: 12-02-2007




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    Mononucleosi: tutti i sintomi

    Mononucleosi: tutti i sintomi


    Stanchezza, debolezza muscolare e febbre sono i primi sintomi, poi a seconda dei casi si può ingrossare la milza e possono comparire i linfonodi sul collo, sulla nuca e sulle ascelle.


    Sanihelp.it - La mononucleosi, nella maggior parte dei casi è asintomatica e una persona si ritrova con anticorpi del virus EBV senza essersi neanche accorta di avere superato l'infezione. In altri casi la sintomatologia è lievissima e si può manifestare una leggera febbre e uno stato di generale stanchezza, anche in queste situazioni una persona non pensa minimante alla mononucleosi.

    Quando invece si manifesta in maniera sintomatica ecco che ci si sente stanchi e si soffre di una debolezza muscolare prolungata (anche parecchie settimane) dopo un po’ di tempo interviene uno stato febbrile che può essere elevato e durare fino a due settimane.

    A seconda dei casi poi si può ingrossare la milza, possono comparire i linfonodi sul collo, sulla nuca e sulle ascelle.

    A causa dell’ingrossamento delle tonsille, che si ricoprono di muco verdastro, si può quindi soffrire di un intenso mal di gola.

    Non è molto frequente ma è comunque possibile che si manifesti esantema e se la situazione si complica anche encefalite.


    di Alessandro Andreazza
    ultima revisione: 12-02-2007






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    Epstein Barr: tutte le complicazioni del virus

    Epstein Barr: tutte le complicazioni del virus


    L’infezione da EBV, che causa la mononucleosi, è collegata all’insorgenza di altre patologie ben più gravi come carcinomi e tumori allo stomaco.

    Sanihelp.it - Quando il virus di Epstein Barr infetta il nostro organismo stabilisce un infezione latente che permane per sempre e può riattivarsi in particolari situazioni oppure creare delle alterazioni che portano all’insorgenza di altre patologie.

    Proprio in tema di alterazioni recentemente si è scoperto che, in particolar modo nelle donne, l’infezione da EBV porta a una modificazione permanente degli equilibri endocrini tale da portare a uno stato di stanchezza permanente che viene definita come sindrome da stanchezza cronica. (CFS, Chronic Fatigue Syndrome).
    Attenzione a non confondere qualsiasi stato di stanchezza post mononucleosi con la CFS, esistono ormai delle tecniche diagnostiche in grado di valutare la presenza della malattia.

    Ultime ricerche hanno stanno riscontrando che in caso di immunosoppressione , l'infezione del virus di Epstein-Barr può portare a gravi casi di infezioni croniche e neoplasie ai linfonodi.
    Da tempo è noto che almeno due tumori sono tipici dei portatori di virus di Epstein Barr, il linfoma di Burkitt e il carcinoma nasofaringeo, anche se la presenza del virus non è la sola causa.

    Recentemente è stata avanzata anche l’ipotesi che l’EBV collabori con l’Helicobacter pylori nella formazione di alcuni particolari tumori dello stomaco.


    di Alessandro Andreazza
    ultima revisione: 12-02-2007



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    Mononucleosi: tutti gli esami diagnostici

    Mononucleosi: tutti gli esami diagnostici


    Dalla conta dei globuli bianchi ai test sierologici per scovare gli anticorpi anti-EBV. Ecco tutti i possibili test per scoprire la mononucleosi.


    Sanihelp.it - La diagnosi si effettua su più livelli. Prima si valuta il numero dei globuli bianchi attraverso l’esame ematomocitmetrico. Poi si effettuano test sierologici e valutativi della presenza di anticorpi specifici diretti contro l’EBV.

    Il test seriologico più semplice e immediato è il monotest, che ricerca anticorpi eterofili che compaiono nel 95% dei casi di infezione da virus di Epstein-Barr. I vantaggi del monotest sono la facile applicazione e il costo abbordabile ma non è totalmente specifico per la mononucleosi. Il monotest in pratica è in grado di evidenziare le mononucleosi recenti, ma spesso può dare dei falsi negativi.

    Per ottenere un maggiore certezza è opportuno ricorrere alla ricerca di anticorpi specificamente rivolti contro alcune proteine dell’EBV e in particolare:

    Anticorpi anti EBV EA (early antigen) e VCA (virus capsigen antigen). Si tratta di anticorpi IgM presenti nelle prime fasi della mononucleosi e IgG che si possono ritrovare anche a distanza di mesi nel sangue. La rilevazione di IgG quindi non sta a significare che la mononucleosi è in atto ma che il soggetto ha già contratto l’infezione.


    di Alessandro Andreazza
    ultima revisione: 12-02-2007






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    Mononucleosi: antivirali solo per i casi più gravi

    Mononucleosi: antivirali solo per i casi più gravi


    Gli antivirali di ultima generazione si utilizzano solo per i casi più gravi. Nelle situazioni normali si combattono i sintomi per accelerare il decorso.


    Sanihelp.it -


    Anche quando la mononucleosi manifesta la sua sintomatologia normalmente l'infezione si risolve da sola in modo benigno nel giro di otto settimane. Solo nei casi più gravi si può pensare di impiegare degli antivirali di ultima generazione (un esempio è l’aciclovir).


    «L'efficacia degli antivirali è discutibile», spiega Fabrizio Pregliasco del Dipartimento di Sanità Pubblica - Microbiologia - Virologia dell'Università Degli Studi di Milano, «la malattia ha decorso autolimitante e quindi si può attuare una strategia sintomatica».

    In una situazione normale, infatti, si attua una terapia che mira ad annullare i sintomi più fastidiosi e consentire alla persona malata di riprendere gradualmente la sua attività.

    Si possono quindi utilizzare dei cortisonici, ma per pochi giorni, al fine di alleviare l'edema faringotonsillare e favorire la respirazione. Così come per tenere sotto controllo dolori e febbre si può ricorrere ad analgesici e antipiretici. Questi sono solo degli esempi. Il concetto è quello di tenere sotto controllo i sintomi e quindi qualsiasi terapia in grado di mitigare la febbre e di alleviare la faringite è utile.

    Non bisogna fare uso di acido acetilsalicilico (che tutti noi conosciamo come aspirina) per il rischio di sindrome di Reye e per la possibile presenza di piastrinopenia.

    La diagnosi è fondamentale soprattutto perché la mononucleosi si può confondere con altre malattie come per esempio la tonsillite. Spesso capita di somministrare antibiotici con l’intento di alleviare i sintomi della tonsillite il risultato è una reazione simil-allergica.

    È possibile che la milza si ingrossi, in questi casi, fino al recupero delle dimensioni originali, è indispensabile mantenere un riposo attivo (Possiamo andare in ufficio o a scuola) ma senza fare sforzi eccessivi. Attenzione agli sport di contatto.

    In generale una persona smette di essere infettiva dopo circa 5-7 giorni dalla cessazione dei sintomi più evidenti. Non è possibile stabilire con certezza quando il virus non è più presente nella saliva.



    di Alessandro Andreazza
    ultima revisione: 12-02-2007




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    Mononucleosi e antibiotici

    Mononucleosi e antibiotici


    Quando si dice: «iniziare con il piede sbagliato». La terapia antibiotica non ha nessun effetto positivo sulla mononucleosi, anzi …



    Sanihelp.it - Contro la mononucleosi, essendo di origine virale, non vi sono cure specifiche, a eccezione degli antivirali di ultima generazione, che però vengono utilizzati solo in casi particolarmente gravi.

    Nelle forme virali gli antibiotici non servono. Ma sia per il fatto che la mononucleosi si può confondere con la tonsillite, sia per il fatto che molti medici, purtroppo, sono ancora convinti che febbre e mal di gola richiedano l'uso di antibiotici, capita spesso che la prima cura per contrastare i sintomi della malattia sia proprio a base di antibiotici.

    La reazione a questo approccio (per esempio con l’antibiotico amoxicillina) è una delle conferme più evidenti della presenza di mononucleosi. Nel soggetto infetto si manifesta una tipica reazione similallergica che riempie il volto, e a volte anche il corpo, di macchie pruriginose. Tra l’altro per combattere questa reazione si utilizzano antistaminici e cortisonici che riducono ulteriormente la capacità immunitaria del soggetto.

    Normalmente una persona smette di essere infettiva dopo circa 5-7 giorni dalla cessazione dei sintomi più evidenti. In realtà la eliminazione del virus per via salivare è oltremodo variabile, ma quel tempo è ritenuto in genere sufficiente per riprendere la vita di relazione scolastica o di ufficio.

    Un dato su cui è meritevole porre attenzione è la possibilità della splenomegalia, l'ingrossamento della milza, che evidenzia l'unica importante complicazione non batterica della mononucleosi.

    In alcuni casi è infatti possibile che la milza si ingrossi, e in quel caso fino al recupero delle dimensioni originali è indispensabile mantenere un riposo attivo (la persona cioè può cautamente andare in ufficio o a scuola, ma non può mettersi a correre e saltare o fare ginnastica per le possibili complicazioni che ne possono derivare). In quel caso il medico visitando può percepire l'ingrossamento, e in alcuni casi può essere utile verificare la riduzione con una ecografia.


    di Alessandro Andreazza
    ultima revisione: 12-02-2007



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