AIDS - Sindrome da immunodeficienza acquisita

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    AIDS
    Sindrome da immunodeficienza acquisita


     


    L'AIDS è una malattia terribile perché le terapie esistenti non sono in grado di debellarlo e perché l'infezione è relativamente facile da contrarre.
    Il fatto poi che il virus può essere trasmesso per via sessuale o per comportamenti imprudenti legati all'uso di droghe ne peggiora i contorni e gli conferisce un'aurea di negatività e talvolta di colpa. Coloro che ne sono affetti, o che sono sieropositivi, dovrebbero essere assistiti e curati come accade per ogni altra malattia e circondati non da un clima di riprovazione, ma piuttosto di comprensione.


    Il virus HIV


    L'HIV (Human Immunodeficiency Virus) è classificato nell'ambito dei retrovirus aventi l'RNA come acido nucleico.
    Ha una dimensione di 100-110 nanometri, la parte interna è formata dal nucleocapside, nel quale è contenuto l'RNA virale associato all'enzima trascrittasi inversa.








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    IL VIRUS HIV<!--mstheme-->

     
    Questo enzima svolge un ruolo chiave nell'infezione: consente la produzione del DNA a partire dalle molecole di RNA.


    Come agisce il virus HIV-1


    Il bersaglio del virus HIV-1 è uno specifico recettore presente nel linfocita T chiamato CD4. Il virus penetra nell'interno della cellula attraverso il rivestimento esterno e l'RNA per mezzo dell'enzima trascrittasi inversa viene trascritto in forma di molecola di DNA. Parte del DNA virale si inserisce nel materiale genetico della cellula e dà origine ad altre particelle virali.
    Le principali cellule bersaglio del virus HIV-1 sono i linfociti, i macrofagi e alcune cellule del sistema nervoso centrale.


    L'infezione inizia con il legame tra virus e recettore di membrana. I linfociti T con recettore CD4 sono le cellule preferibilmente infettate dal virus e ciò causa lo stato di immunodeficienza presente nella fase terminale della malattia.


    Il virus uccide le cellule con due meccanismi:



























    DIRETTO
    Le cellule infette si legano per una proteina situata nella parte esterna del virus, si formano delle cellule "giganti", sincizi, che muoiono
    Le continue fuoriuscite di virus dalle cellule infettate danneggiano la membrana cellulare
     
    INDIRETTO
    I meccanismi sono molteplici. Il più importante è la formazione di anticorpi che provoca l'attacco di altri linfociti non infettati sui linfociti infettati.

     




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    Edited by Massimiliano Varrese Fans Club - 28/6/2005, 02:34
     
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    Le difese naturali

    Sono rappresentate dalle cellule del sistema immunitario. Gli anticorpi si formano nei primi giorni e consentono di controllare lo sviluppo della malattia per diversi anni. Il virus tende poi a modificarsi e a sfuggire al controllo, fino ad un completo esaurimento delle difese dell'organismo.


    Lo sviluppo della malattia


    Si possono definire tre fasi:


    1. FASE ACUTA o SUBACUTA: infezione primaria
    2. FASE CRONICA: infezione "silente", senza segni clinici
    3. FASE TERMINALE: AIDS conclamato
















    FASE ACUTA
    Si manifesta subito dopo il contagio. Nella grande maggioranza dei casi gli anticorpi si sviluppano e possano essere rilevati dopo un periodo variabile tra uno e sei mesi (periodo di latenza). In rari casi gli anticorpi possono essere messi in evidenza solo dopo sei mesi. Gli elementi clinici comprendono un aumento lento, ma progressivo dei linfonodi del collo, nelle ascelle e nell'inguine. In alcuni casi si va incontro ad una sindrome similmononucleosica. In questa fase il soggetto diviene "sieropositivo" ed è portatore del virus e in grado perciò di infettare altre persone.
    FASE CRONICA
    Si tratta di un periodo, anche della durata di diversi anni, in cui non si manifestano segni clinici. In molti casi si verifica un ingrossamento permanente dei linfonodi.
    FASA TERMINALE
    Si caratterizza da un periodo (ARC - Condizione correlata all'AIDS) con alcuni sintomi tipici; febbre, diarrea a carattere persistente o recidivante, ingrossamento delle ghiandole linfatiche. A causa poi del forte indebolimento delle difese immunitarie, si sviluppano delle "infezioni opportunistiche" (virus, parassiti, funghi e batteri che normalmente non causerebbero nessun problema, ma che diventano molto pericolosi a causa della distruzione del suo sistema immunitario. L’infezione opportunistica più frequente é la polmonite da Pneumocystis carinii).

     

     
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  3. Massimiliano Varrese Fans Club
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    Come si trasmette l'infezione HIV

    Il virus si trasmette da un soggetto portatore sieropositivo esclusivamente con il sangue e le secrezioni sessuali (sperma e secreto vaginale) anche se è stato isolato in minima quantità nella saliva e nelle lacrime.

















    Le modalità accertate di trasmissione del virus sono:
    Trasmissione sessuale attraverso rapporti completi, anche orali
    Scambi di siringhe o accessori contaminati
    Trasfusioni o scambi accidentali di sangue infetto
    Trasmissione da madre sieropositiva al feto

     
    La diagnosi


    Si effettua con la ricerca di anticorpi HIV in laboratori di analisi autorizzati.
    In caso di positività o di dubbio, si esegue un test di conferma. Nel periodo di latenza (da uno a sei mesi dopo il contagio) il test potrebbe dare esito negativo anche in soggetti infetti.
    Il test è gratuito, sicuro e anonimo. Il medico, per legge, non può informare nessuno, ne' i familiari e tanto meno amici o colleghi di lavoro.


    Il soggetto sieropositivo deve informare il partner e utilizzare sempre il preservativo nei rapporti sessuali.


    La terapia


    Si devono distinguere diverse situazioni:









    Persone sieropositive senza sintomi e con difese immunitarie normali
    Stile di vita igienico, evitare di esporsi al rischio di altri ceppi di HIV. Evitare assolutamente qualsiasi situazione di rischio di contagio
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    Soggetti asintomatici, ma con un sistema immunitario alterato
    E' utile iniziare il trattamento antivirale associato a misure di prevenzione primaria di alcune infezioni più frequenti. La terapia include la combinazione di inibitori della proteasi e della trancrittasi inversa. Lo scopo è di ridurre la carica virale e la replicazione del virus.
    E' chiamata Haart (Highly Active Antiretroviral Therapy).
    La cura ha degli effetti collaterali talvolta molto forti e prevede un'applicazione piuttosto difficile (un numero elevato di compresse o pastiglie al giorno, che vanno assunte lontano o vicino dai pasti per permetterne il corretto assorbimento).

    La posizione del Ministero della Salute - Commissione nazionale AIDS è la seguente:
    - Aggiornamento sulla terapia antiretrovirale dell'infezione da HIV (2001)
    - Effetti indesiderati e interazioni farmacologiche del trattamento antivirale

    Nuovi filoni di cura includono l'utilizzo di gammaglobuline e vaccinoterapia, ancora purtroppo in fase di sperimentazione.



    Edited by Massimiliano Varrese Fans Club - 28/6/2005, 02:44
     
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    AIDS
    Breve storia dell'epidemia, delle terapie e delle controversie


     


    1980-1981


     
    Alla fine del 1980 Michael Gottlieb, ricercatore dell'Università della California, svolgendo una ricerca sul sistema immunitario, analizzando le cartelle cliniche dei pazienti ricoverati in ospedale alla ricerca di eventuali deficit immunitari, scopre un giovane paziente che soffre di un raro tipo di polmonite, dovuto al microbo Pneumocystis carinii, che solitamente provocava la polmonite soltanto in pazienti con un sistema immunitario depresso, per esempio a seguito della chemioterapia. Nei mesi successivi scoprì altri tre casi, tutti con un basso livello di linfociti T. Tra i pazienti c'era una caratteristica in comune: erano omosessuali attivi. 
    Nel giugno del 1981 nel "Morbilità and Mortalità Weekly Report" si riportò la notizia che negli Stati Uniti era stato riscontrato un improvviso aumento di casi di polmonite da Pneumocystis carinii in giovani omosessuali. Dopo la pubblicazione nuovi casi furono segnalati al Cdc (Centers for Disease Control and Prevention): pazienti che soffrivano di un raro tumore dei vasi sanguigni noto come il sarcoma di Kaposi.
    Dopo breve tempo la notizia fu ripresa dal New York Times e divenne di dominio pubblico.
     







    1982
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    I ricercatori del Cdc collegano la malattia al sangue a seguito del verificarsi di alcuni casi tra gli emofiliaci.
    Nel corso di un congresso promosso dalla Food and Drug Administration (Fda) Bruce Voeller propone di chiamarla Aquired immuno-Deficiency Sindrome (AIDS). 
    I casi accertati salgono a 1614 e le morti a 619.
     







    1983

     







    Luc MontagnierUn retrovirologo francese Luc Montagnier, dell'Istituto Pasteur di Parigi, coltivando in laboratorio le cellule di un paziente omosessuale con linfonodi ingrossati, ma senza sintomi di AIDS, riesce ad isolare un nuovo retrovirus che chiama: Lynphoadenopathy-Associated Virus (LAV). Per promuovere la sua scoperta, invia dati e campioni del virus ad alcuni scienziati, tra cui Robert Gallo, direttore del Laboratorio di biologia cellulare dei tumori, già scopritore di due retrovirus umani: Htlv-I e Htlv-II (Human T-cell Leucemia Virus).
     
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    1984

     
    Robert GalloNell'aprile del 1984 Robert Gallo annuncia di aver scoperto un retrovirus similare al LAV che chiamò Htlv-III in pazienti affetti da AIDS. 
    L'annuncio suscita delle polemiche. Un'inchiesta giornalistica rivela che le foto pubblicate dell'Htlv-III erano in realtà foto del LAV francese, inoltre alcuni ricercatori notano che i virus di Gallo e Montagnier sono così simili, che probabilmente provengono dallo stesso paziente. I retrovirus infatti, se isolati da due persone diverse, si distinguono l'uno dall'altro per piccole mutazioni che subiscono.
    Inizia così una battaglia legale tra l'Istituto Pasteur che durerà alcuni anni e che si conclude con un accordo nel 1987. I presidenti delle due Nazioni, R. Reagan e J. Chirac si incontrano e decretano l'attribuzione della scoperta del virus ex aequo a Gallo e Montagnier. La conclusione sarà chiaramente di tipo politico e commerciale, anche se la comunità scientifica internazionale riconosce allo scienziato francese il merito della scoperta. Nello stesso anno un comitato di retrovirologi si riunisce e sceglie per il virus un nuovo nome, più neutrale, Human Immunodeficiensy Virus (HIV)
     







    1985

     
    Vengono messi a punto i primi test per individuare la presenza di anticorpi al visur HIV.
    Negli USA i casi salgono a 22.996, i morti a 12.592. Tra loro l'attore Rock Hudson.
    Si inizia anche a parlare.
     







    1986


     Viene pubblicato il primo report statunitense sull'AIDS che mette in evidenza la necessità di dare informazioni sui rischi connessi ai rapporti sessuali.
    Si svolge a Parigi la seconda Conferenza internazionale sull'AIDS.
    Luc Montagnier annuncia la scoperta dell'HIV-II
     







    1987

     
    III conferenza Internazionale sull'AIDS a Washington con oltre 12.000 delegati da tutto il mondo in cui si evidenzia la pericolosità della dipendenza per via endovenosa e si raccomanda nei rapporti sessuali l'utilizzo del preservativo per evitare il contagio.
    La Fda, l'organismo USA che autorizza l'immissione in commercio di farmaci, su pressione degli attivisti, riduce i tempi di applicazione del primo farmaco anti AIDS: l'AZT.
    Scoperto da Jerome Horwitz nel 1964 nell'ambito della ricerca sul cancro, l'ATZ (azidotimidina) agisce interrompendo la sintesi del DNA.
    Come è noto il DNA umano è una catena formata da quattro mattoni base, nucleotidi, legati secondo sequenze complesse: A, T, C e G. L'ATZ è analogo al nucleotida T, ma con un solo legame. Perciò quando si inserisce, interrompe la sintesi del DNA.


    Azidotimidina


    Come farmaco contro il cancro fu scartato per la bassa selettività e per la sua eccessiva nocività.
    A causa della forte pressione emotiva per la gravità della diffusione dell'AIDS, il farmaco fu testato in modo improprio, approvato e subito commercializzato. Il farmaco, se usato da solo, mostrerà di avere gravi effetti collaterali.
    In quell'anno in Italia i casi di AIDS erano 800 e nel mondo circa 50.000.
    Si alza qualche voce di dissenso sull'approccio ufficiale alla malattia. Il prof Peter Duesberg docente di biologia molecolare dell'Università della California, in un articolo (e successivamente in un libro) contesta l'HIV come causa dell'AIDS. La sua posizione sarà rigettata dalla comunità scientifica e Duesberg isolato e privato di finanziamenti per le sue ricerche.
     







    1988

     
    IV Conferenza Internazionale sull'AIDS a Stoccolma. Per la prima volta viene celebrato il 1mo dicembre come Giornata Mondiale AIDS.
    I casi Italiani sono 1685, nel mondo 96.443.
     







    1989

     
    V Conferenza Internazionale sull'AIDS a Montreal. Gli attivisti occupano il palco facendo sentire le loro rivendicazioni. I casi Italiani sono 3500, nel mondo 160.000.
     







    1990

     
    VI Conferenza Internazionale sull'AIDS a San Francisco.
    I casi Italiani sono 6759, nel mondo 254.000.
     







    1991

     
    VII Conferenza Internazionale sull'AIDS a Firenze.
    Viene approvato un nuovo farmaco anti-AIDS: la DDL, didanosina.
    I casi Italiani sono 9053, nel mondo 380.000.
     







    1992

     
    VIII Conferenza Internazionale sull'AIDS a Amsterdam.
    Viene approvato un nuovo farmaco anti-AIDS: la DDC, zalcitabina
    I casi Italiani sono 13.668.
     










    1994

     
    Viene approvato un nuovo farmaco anti-AIDS: la d4T, stavudina. La Conferenza annuale viene tenuta a Yokohama. A causa delle frustrazione dovuta ai risultati dello studio Concorde dell'anno precedente, si decide di dare impulso agli studi sulle terapie di combinazione.
     







    1995

     
    Viene registrato il SQV, saquinavir il primo inibitore delle proteasi e il 3TC, lamivudina, un inibitore della trascrittasi che sembra avere particolari sinergie con gli altri inibitori.
     







    1996

     
    Studi mostrano che la monoterapia, ma anche le terapie di combinazione a a base di due componenti sono da abbandonare. La nuovo terapia prevede l'associazione di due inibitori della trascrittasi inversa e di un inibitore della proteasi. E' chiamata Haart (Highly Active Anti-Retroviral Teraphy ) e diviene ben presto la terapia standard.
    Viene anche messo a punto un sistema per la misura della carica virale.
     



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    1997

     
    Le nuove terapie cominciano a dare risultati incoraggianti. In Italia si verifica una flessione dei casi di AIDS conclamato.
    Viene registrato il primo farmaco di una nuova classe: NVP, nevirapina, un inibitore non nucleosidico della trascrittasi inversa.
    XI Conferenza Internazionale sull'AIDS a Vancouver in cui si inizia a considerare le prospettive terapeutiche con più ottimismo. Si inizia a registrare una flessione nei casi di AIDS, anche in Italia.
    L'enfasi si sposta sul problema di rendere disponibili tali costose terapie anche ai paesi in via di sviluppo.
     







    1998

     
    I risultati delle ricerche cliniche condotte con la Haart vengono presentati alla XII Conferenza Internazionale sull'AIDS di Ginevra. Anche con questa nuova terapia si incominciano a verificare i primi fallimenti terapeutici. L'HIV sviluppa delle resistenze ai farmaci e l'adesione diventa in punto debole della terapia: una persona in cura deve assumere a orari fissi fino a 30 pastiglie al giorno.
     







    1999

     
    Aumentano i farmaci approvati dalla Fda, tra cui il Mepron per la prevenzione della polmonite, dovuto al Pneumocystis carinii, il Panretin per il trattamento topico delle lesioni cutanee in pazienti con il sarcoma di Kaposi
     







    2000

     
    Kaletra
    riceve l'approvazione per uso combinato con altri agenti retrovirali per il trattamento di infezioni HIV-1 in adulti e per uso pediatrico
    Trizivir, una combinazione a dosi fisse di AZT e 3TC viene approvata per trattamenti dell'HIV in adulti e adolescenti.
     







    2001

     
    FDA e la Bristol Myers Squibb emettono un documento sulle precauzioni sull'utilizzo della terapia combinata Zerit e Videx sulle donne in gravidanza.
    Viene confermata l'efficacia dei preservativi contro la diffusione del virus HIV per via sessuale.

     
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    IL BACIO E' PERICOLOSO NELLA TRASMISSIONE DELL'AIDS ?


     


    Si tratta di una questione su cui si discute da alcuni anni. Recentemente il professar Luc Montagnier, il ricercatore francese che rivendica la scoperta dei virus HIV, ha affermato che - contrariamente a quanto si riteneva finora - l'Aids puo' essere trasmesso anche con un bacio. Presidente della Fondazione mondiale per la ricerca e la prevenzione dell'Aids, Montagnier ha lanciato l'allarme da Kampala in agosto, dove e' intervenuto a un seminario di ricercatori di Uganda e Maiawi sui "co-fattori" che provocano una diffusione dell'infezione da Hiv e una progressione dell' Aids più rapida in Africa che nel resto dei mondo. Questa tesi non convince Robert Gallo dell'istituto di virologia umana di Battimora e gli studiosi Italiani, tra cui il Prof. Ferdinando Aiuti.
    Che una minima carica virale sia presente nella saliva era noto da tempo, ma si tratta di una quantita' motto limitata e non ci sono dati epidemiologici che confermano la possibilita'di contagio.


    Bacio''Non esistono rischi di contrarre il virus attraverso il bacio'', spiega l'immunologo Ferdinando Aiuti, che afferma di essere pronto a baciare di nuovo un sieropositivo o un malato di Aids a dimostrazione delle proprie convinzioni, come già fece qualche tempo fa pubblicamente.  A ricevere il bacio ''di protesta'' fu Rosaria Iardino, oggi componente della Commissione nazionale Aids e rappresentante delle persone sieropositive per l'associazione Anlaids. 


    ''Non esistono studi che dimostrino il rischio di contrarre il virus attraverso il bacio'' ha detto spiegando inoltre che questo evento potrebbe avvenire con una percentuale di rischio talmente bassa (uno su centomila) da poter essere considerata di fatto quasi nulla. ''Non e' una novita'  che le ghiandole salivali contengano una carica virale ed in caso di lesioni nella bocca viene consigliata cautela''. Tuttavia, secondo Aiuti, sarebbe del tutto ingiustificato preoccuparsi pensando di potersi ammalare con un semplice bacio, soprattutto se superficiale, o addirittura utilizzando la stessa tazzina o bicchiere dove ha bevuto un sieropositivo. ''Pochi giorni fa, nel corso di un dibattito pubblico, ho bevuto nel bicchiere di una donna malata di Aids - ha segnalato Aiuti - e lo rifarei anche oggi a dimostrazione che non credo debba scatenarsi un nuovo allarme''.


    L'importante comunque è non abbassare la guardia e non pensare che il pericolo sia ormai passato, nonostante i progressi fatti sul fronte della terapia. Dati diffusi da Ministero della Sanità affermano che in Italia ci sono circa 100.000 sieropositivi e che la conoscenza della malattia è ancora inadeguata. 


    Conclusione


    Sono da evitare allarmismi ingiustificati: non è mai stata dimostrata la trasmissione dell'infezione attraverso il bacio. Tuttavia non la si può escludere completamente




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